
Attenti a cosa comprate con l’e-commerce: fidarsi dei giudizi altrui può condurre a spiacevoli sorprese.
È diventato il nuovo business di internet: scrivere recensioni false per promuovere hotel, servizi o aziende. Per pochi euro, gli studenti universitari vengono ingaggiati da ditte che vendono pacchetti di “pareri inventati” solo per promuovere l’e-commerce dei propri clienti. Ormai i commenti su internet hanno un valore economico: più sali nelle graduatorie e più lavori. Un “mi piace” su Facebook vale quanto una recensione positiva su una rivista specializzata.
E così, secondo il giornale Wired, il 60% dei prodotti su Amazon ha una recensione perfetta. Tuttavia, in realtà, solo in pochi si prendono la briga di scrivere una recensione di un prodotto perfetto una volta acquistato.
Secondo il tabloid, un terzo delle recensioni su internet sono false (la percentuale sale al 66% se si guarda TripAdvisor, Expedia e Booking). Siano esse positive o negative. Si assiste, a volte, a veri e propri ricatti (“o mi fai uno sconto o ti stronco sul web”). Il crollo della fiducia dei consumatori sulla rete può significare la fine di un’attività commerciale.
Gli uomini non riescono a distinguere le bugie dalla verità. Così, alcuni software di ultima generazione tentano di stanare le finte recensioni, analizzando gli indirizzi IP da cui provengono: se sono state inviate dallo stesso computer è verosimile che il commentatore non si sia mai mosso dalla propria poltrona.
Ma i professionisti del falso sanno come eludere questi controlli, ingaggiando una massa sempre più numerosa di “recensori”.
Così qualcuno ha elaborato dei programmi che analizzano il linguaggio del commento. Chi scrive una bugia tende, per esempio, ad essere particolarmente preciso, ad eccedere con gli aggettivi e a scrivere frasi corte (proprio per l’assenza di esperienza diretta con il prodotto). I bugiardi, inoltre, usano molti pronomi (io, noi, mio) e i tempi all’imperfetto per discolparsi dalla bugia.
Questi meccanismi di analisi restano tuttavia, sistemi tampone, che non viaggiano con la velocità delle bugie: queste ultime, su internet, hanno evidentemente le gambe tutt’altro che corte.
La legge
Non esistono tutele legali vere e proprie contro i recensori “fake”. Al contrario, una recente sentenza di una Corte americana ha assolto il portale TripAdvisor per i commenti negativi postati dai propri utenti che avrebbero infangato il nome commerciale di una importante catena alberghiera con una serie di feedback poco lusinghieri. Si tratta di libertà di espressione che non può essere limitata.
Il problema è dimostrare quando, dal semplice commento privato si sconfina nella concorrenza sleale. Ma, come si diceva, è assai difficile scovare questi illeciti.
Non resta che fare affidamento sulle capacità del consumatore e sulla sua diffidenza.