Quando si può sporgere querela per le critiche, i feedback e i post offensivi? Come tutelarsi dalla gogna mediatica dei leoni da tastiera?
Chi svolge un’attività commerciale rivolta al pubblico (come ad esempio un ristorante, un albergo, un bar, ecc.) si espone inevitabilmente alle critiche che possono giungere dai clienti insoddisfatti. Sono le regole del mercato: chi si mette in gioco deve accettare sia gli elogi che le valutazioni negative. Il problema è che, a causa di Internet, contro un’azienda, una società oppure anche solo una determinata persona è possibile che ci si scagli in tantissimi, a volte anche in migliaia, con critiche feroci e spesso fuori luogo. Con questo articolo parleremo proprio di ciò: vedremo cos’è lo shitstorm e come difendersi.
Come meglio diremo nel prosieguo, vittima dello shitstorm può essere davvero chiunque, purché si tratti di soggetto che abbia un minimo di notorietà; questo fenomeno, infatti, implica che siano in molti a esprimersi negativamente, con la conseguenza che difficilmente una persona qualsiasi possa finire bersaglio di uno shitstorm.
In effetti, è sufficiente anche un solo episodio per uscire fuori dall’anonimato e rischiare di diventare oggetto delle “attenzioni” del pubblico: si pensi a chi compie un’impresa eroica (ad esempio, salvando un bambino che stava annegando) oppure a chi commette un delitto che ha un particolare riscontro sui mass media. Ma cos’è lo shitstorm? Come difendersi? Quand’è che scatta il reato ed è possibile sporgere querela? Scopriamolo insieme.
Shitstorm: cos’è e cosa significa?
Lo shitstorm è quel fenomeno per cui tante persone si scagliano contro una attraverso critiche molto dure. In pratica, si tratta di una gogna mediatica consistente nella pubblicazione di post offensivi, violenti e denigratori nei riguardi di una persona, un gruppo o un’azienda.
Lo shitstorm (letteralmente dall’inglese “tempesta di escrementi”) è tipico dei social network, dove chiunque ha la libertà di esprimersi senza troppi filtri; ma può verificarsi anche altrove, ad esempio su un blog o su un’altra pagina dove gli utenti possono lasciare i propri commenti, come un forum.
Shitstorm: chi sono le vittime?
Vittima di shitstorm può essere un’impresa che vende determinati prodotti, un attore, uno sportivo, un personaggio dello spettacolo, ecc.
Vittima di shitstorm può essere anche una persona comune che non ha nulla a che vedere con la notorietà, ma che diventa improvvisamente popolare per un particolare fatto che ha compiuto o per una dichiarazione resa. Si pensi al poliziotto che, per avere sparato e ucciso un malvivente, diventi improvvisamente popolare per via della notizia che è riportata su tutti i giornali.
Shitstorm: è legale?
In linea di massima, criticare una persona oppure un’attività commerciale rientra nel diritto, costituzionalmente garantito, di manifestare liberamente il proprio pensiero.
D’altronde, la notorietà comporta anche questo, cioè la possibilità di essere bersaglio di critiche da parte degli altri. Lo stesso vale per il mercato: chi apre un’attività commerciale sa che si espone sia agli elogi che ai giudizi negativi dei clienti.
Secondo la giurisprudenza [1], non c’è alcun reato nell’esprimere considerazioni critiche sulla qualità dei servizi offerti. Ciò perché colui che intraprende un’attività commerciale accetta implicitamente il rischio che la clientela non sia soddisfatta dei suoi servizi e che su di essa esprima, quindi, giudizi poco lusinghieri.
Il problema è che lo shitstorm portato sistematicamente avanti dai “leoni da tastiera” può essere molto pericoloso e sfociare perfino nel reato. Vediamo quando.
Shitstorm: quando è reato?
Lo shitstorm diventa reato quando le critiche superano il limite del giudizio negativo per sfociare nell’offesa personale gratuita.
In buona sostanza, recensioni e feedback negativi possono costituire il reato di diffamazione aggravata [2], se il commento lede la reputazione della persona offesa.
Ad esempio, se si critica un ristorante dicendo che i pasti sono serviti freddi, non si commette alcun illecito; se, però, a questo commento si accompagnano espressioni denigratorie, magari nei confronti del titolare dell’attività, allora si incorre nel reato di diffamazione.
Insomma: il feedback negativo è illegale quando diventa un’ingiustificata aggressione alla persona.
Se lo shitstorm diventa sistematico e continuo nel tempo, allora può integrarsi il reato di stalking [3], in quanto trattasi di vera e propria persecuzione nei confronti della vittima.
Shitstorm: come difendersi?
La vittima di shitstorm può innanzitutto sporgere querela, quando i commenti sono denigratori e ledono la propria reputazione oppure quando si trasformano in una sistematica persecuzione.
Poiché la responsabilità penale è solo personale, la querela non potrà essere sporta in maniera generica contro tutti, ma solamente contro coloro che hanno superato i limiti della critica lecita.
La querela va sporta entro tre mesi da quando si è avuta notizia della diffamazione; il termine è invece di sei mesi per lo stalking.
La segnalazione può essere fatta presso qualsiasi presidio delle forze dell’ordine, anche se, nel perseguire reati commessi tramite Internet, la competenza in genere spetta alla polizia postale.
Sotto il profilo della tutela civile, è possibile chiedere il risarcimento per il danno alla propria immagine e alla reputazione, oltre che, come diremo a brevissimo, la condanna alla rimozione delle ingiurie.
Per difendersi dallo shitstorm è inoltre possibile segnalare al social o alla piattaforma i post offensivi che sono stati pubblicati, chiedendone la rimozione o l’oscuramento.
Infine, la segnalazione può essere fatta anche a Google (cliccando qui) affinché si proceda alla rimozione del contenuto offensivo oppure alla deindicizzazione della pagina che li contiene (rendendola quindi non più rintracciabile in rete).
Qualora i contenuti offensivi dello shitstorm non siano stati cancellati oppure oscurati nonostante la segnalazione, allora è possibile proporre un ricorso d’urgenza al tribunale affinché venga ordinato immediatamente al sito Internet in cui sono comparsi la cancellazione degli stessi.
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